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Ho imparato a sognare

by Redazione
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Uno dei più grandi desideri dell’uomo è sempre stato quello di conoscere ogni singola particella della materia che costituisce il mondo che lo circonda, proprio questa sete di conoscenza ha fatto sì che personalità del calibro di Platone, San Tommaso D’Aquino, Maria Montessori e Don Lorenzo Milani (giusto per citarne alcuni) gettassero le basi della scuola pubblica moderna che, nel corso del tempo, è passata dall’essere una palestra di vita e una bussola per chi ne era parte integrante, al sembrare, in alcuni frangenti ,un semplice laboratorio per lo stampaggio di diplomi; a incentivare ciò sono state tutte quelle riforme scellerate che, soprattutto nelle ultime decadi, hanno indotto molte volte gli insegnanti e i loro alunni a optare per : “una testa ben piena più che ben fatta” direbbe il filosofo francese Montaigne.

Una valida alternativa ad un sistema educativo e formativo come quello su cui poggia la scuola pubblica è data dal modello istruttivo proposto dalle scuole private e di formazione piuttosto attente nel cercare di far emergere le potenzialità più nascoste dei loro iscritti; tra i centri di formazione più degni di nota, in quel di Casarano, troviamo ASCLA (Associazione Scuola e Lavoro).

Ma andiamo a conoscere meglio questa realtà facendo qualche domanda a insegnanti come Mauro Amato e Andrea Raho ed anche a studenti come Davide, un ragazzo di 16 anni che ha “vissuto” fino ad un paio di anni fa la scuola pubblica…

Prof. Amato, cosa rappresenta ASCLA per lei ?

“Per me, ASCLA rappresenta una sfida costante fortemente capace di stimolare a superare e a far superare ogni tipo di limite, dunque un continuo impegno verso sé stessi e gli altri, finalizzato a spezzare le catene che impediscono o hanno impedito ad entrambi di dare sostanza ai rispettivi sogni e di esprimere a pieno le rispettive potenzialità“.

Prof. Raho, in che modo definirebbe questa realtà ?

“Mi sentirei di definire questa bella realtà una famiglia, poiché pone chi ne diviene parte nelle condizioni di essere preso per mano lungo un cammino delle volte piuttosto tortuoso, ma destinato oltre che a garantire l’acquisizione di strumenti utili ad accettare quelle che per molti sono da considerare come delle imperfezioni, anche a far sì che esse si trasformino per ognuno in delle risorse a cui attingere ogni qualvolta si sente il bisogno di riconoscersi e di essere riconosciuti per ciò che si è realmente”.

Davide, come consideri ASCLA?

“Considero ASCLA un qualcosa capace di offrire la possibilità di dimostrare il proprio talento e il proprio valore a chi come me, in passato, si è perso per strada a causa di insegnanti un po’ troppo attenti nel mettere in evidenza le lacune anziché colmarle”.

Prof. Amato, crede che l’esperienza in ASCLA le abbia dato e possa continuare a darle qualcosa in particolare?

“Si, credo che un’esperienza del genere mi abbia dato, e possa continuare a darmi, la forza di riflettere su quanto sia soddisfacente il riuscire a ricevere qualcosa dagli altri, ma, soprattutto, il trasmettere qualcosa ad essi; il confronto e lo scambio di idee con i colleghi e i ragazzi mi hanno aiutato ad apprendere, giorno dopo giorno, qualcosa di nuovo su me stesso e su di loro, facendomi acquisire una maturità tale da riuscire a dare, e a far dare, forma a sogni che né io, né loro avremmo mai pensato di custodire nel nostro cassetto a causa di esperienze che ci hanno fatto perdere la fiducia nei nostri mezzi”.

Prof. Raho, cosa avrebbe lei da affermare a riguardo?

“Sono dell’idea che ASCLA mi abbia offerto e possa seguitare a darmi la capacità di cogliere la bellezza delle cose che, molte volte, noi umani non diciamo o non facciamo per paura di essere giudicati o per il timore di farci percepire vulnerabili in conseguenza del bagaglio sociale e culturale che ci portiamo dietro; la comprensione e l’empatia, a cui ASCLA mi ha abituato, sono state e potrebbero tornarmi utili nel riuscire a cogliere la vera essenza di ciò che riempie la mia vita e quella del prossimo che, quasi sicuramente, sarà alla ricerca del modo per trovare il proprio posto nel mondo”.

Davide, qual è il tuo punto di vista ?

“Sono fermamente convinto che quest’avventura sia riuscita, e riuscirà ancora nel portarmi a credere in me stesso e nel voler dimostrare che io posso essere una risorsa per tutti ”.

Prof. Amato e Prof. Raho, perché consigliereste di scegliere ASCLA?

“Consiglieremmo di scegliere questa scuola perché qui, come detto precedentemente, vigono il rispetto, la tolleranza e la comprensione, principi in grado di far sì che ognuno abbia l’opportunità di operare in simbiosi con l’altro e che, anziché dare rilevanza alle differenze con esso, possa soffermarsi sui tratti più accomunanti, così da comprendere quanto sia fondamentale fare squadra per poter raggiungere grandi obiettivi e per poter far cominciare o far tornare a sognare in grande chiunque decida di farne parte”.

Davide, tu invece perché raccomanderesti ASCLA?

“La raccomanderei perché qui, gli insegnanti non hanno come unico fine il terminare al più presto il programma didattico, ma bensì quello di dimostrare che persino chi, come me, è stato in più occasioni considerato l’ultimo della classe, crede in un sogno ed è mosso dal voler contribuire allo sviluppo economico, sociale e culturale del mondo”.     

Termina così una lunga conversazione molto coinvolgente e ricca di spunti di riflessione. Analizzando attentamente quanto detto, sembra necessario il dover fare affidamento su di un sistema didattico, educativo e formativo che contempli la metamorfosi dell’insegnante da oratore a “pastore”; per far sì che questo mutamento avvenga nel migliore dei modi è fondamentale che ogni insegnante, proprio come farebbe un buon pastore, si carichi in spalla l’agnellino che stenta, a causa di sopraggiunte limitazioni, a tornare all’ovile, e che brama di dimostrare a chi lo aveva dato per spacciato,che ce l’ha fatta, nonostante tutto remasse a suo sfavore.

Il mettere sullo stesso piano un insegnante e un pastore, a molti potrebbe sembrare azzardato, ma è funzionale a dire che nel momento in cui un individuo viene incaricato di plasmare gli uomini e le donne del futuro, anziché concentrarsi esclusivamente su chi sia in grado di “autosostenersi”, si dedichi anche a coloro che, pur avendo delle difficoltà in alcuni ambiti, nascondono un’irrefrenabile voglia di essere muniti degli strumenti adatti a far loro trovare il modo per poter dire che, oltre al desiderare di essere parte attiva della società, vorrebbero realizzare un sogno.

Ogni insegnante, soprattutto in questo momento storico, dovrebbe agire tenendo bene a mente che, come disse Einstein: «Se si giudica un pesce dalla sua capacità di arrampicarsi su di un albero, esso passerà tutta la sua vita a sentirsi stupido»; nessuno può e deve sentirsi un inetto, poiché ognuno di noi è in diritto e in dovere di acquisire una profonda conoscenza delle cose e una grande consapevolezza dei propri mezzi, così da riservarsi la facoltà di dire agli altri, ma soprattutto a sé stesso: «Se cado una volta, una volta cadrò e da lì m’alzerò… c’è che ormai ho imparato a sognare e non smetterò».*

Simone Andrani

*Negrita, “Ho imparato a sognare”.

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