In fisica esiste un fenomeno conosciuto come “effetto Coanda” che priva i fluidi di staticità, conferendo loro la capacità di scorrere anche in condizioni avverse; tale fenomeno, oltre ad avere una grande rilevanza relativamente alla scienza, ha anche una grande rilevanza nella vita , in quanto, quotidianamente si è chiamati ad abbandonare le proprie convinzioni e convenzioni per maturare umanamente e per cercare di comprendere quale direzione dare alla propria esistenza, ma anche per fare chiarezza su quali siano i sogni e i desideri a cui si vorrebbe dare forma, proprio come ci insegna la storia di Mattia Gerundio, 31enne casaranese che, per comprendere quali fossero i propri limiti e le proprie potenzialità effettive, più di qualche decennio fa, si è trovato a dover scegliere di abbandonare la propria città e i propri affetti in nome di un sogno che, dopo anni di dura gavetta tra l’Italia e l’Australia, gli ha aperto le porte di “AKOKO”, un ristorante etnico africano di fama mondiale con sede Londra e presso cui si è conquistato una “Stella Michelin”, uno dei principali riconoscimenti a cui può ambire chi fa della cucina un’espressione artistica di qualità, armonia e personalità.
Il percorso che ha portato Mattia a vedere riconosciuti gli sforzi fatti sin da quando aveva poco più di 16 anni e che gli ha permesso di mettersi sulla buona strada per diventare uno chef di livello, è stato (e continua a essere) piuttosto tortuoso, ma proprio questo fattore, anche a detta del nostro impavido giovane, ha fatto sì che egli potesse maturare professionalmente e umanamente, poiché non solo lo ha portato a lavorare fianco a fianco con personaggi di spicco del panorama gastronomico mondiale, ma ha anche instillato in lui una sensibilità tale da consentirgli di dare vita a delle pietanze i cui sapori e odori, oltre a deliziare il palato di chi le gusta, ne toccano le corde dell’anima, regalando un sorriso o rievocando qualche dolce ricordo.
Cosa ci isegna la storia di Mattia?
Ci insegna tanto. Ogni tratto del percorso del nostro giovane chef va a scrivere una storia comune a tutti coloro che per raggiungere importanti traguardi hanno dovuto e voluto fare grandi sacrifici e dolorose rinunce, lasciandosi sospingere dalla passione e non smettendo mai di credere in un sogno; agire in nome di una passione o di un sogno e votarsi al sacrificio non è da tutti, considerato che molti esseri umani hanno disimparato a farlo a causa dell’irrefrenabile desiderio di apparire più che di essere, scelta che li ha resi non solo così spiritualmente inetti da non riuscire ad ascoltare il proprio cuore per fare tesoro di quanto accaduto e di quanto accadrà, ma persino così orbi da non riuscire a scorgere autonomamente la stella che conduce a quell’Isola su cui, parafrasando Edoardo Bennato, non è necessario essere santi o eroi per trovare la felicità; qualsiasi individuo dovrebbe farsi persuadere dall’idea che al suo interno alberghi un piccolo Robinson Crusoe che necessita di uscire dalla propria zona di comfort e di naufragare su una spiaggia sconosciuta per cogliere l’essenza della propria esistenza e per riflettere su ciò che è stato, su ciò che è e su ciò che sarà, ma che altresì bisogna di avere come punto di riferimento una passione (o più banalmente un amico o una persona cara) che faccia le veci del fido Venerdì e che sia in grado di infondergli una forza tale da supportarlo nella realizzazione di una zattera talmente resistente da riuscirlo a riportare sempre sulla terraferma, anche dopo aver affrontato le burrasche della vita.
Simone Andrani