SCEGLIAMO INSIEME: LE PERSONE E LA DEMOCRAZIA
In queste settimane sono aperte alla raccolta delle firme diverse iniziative, referendarie e di legge popolare, sul tema della partecipazione democratica e del rapporto tra cittadini, partiti ed eletti. Il referendum in particolare è uno strumento di democrazia diretta molto importante, intorno al quale si sono consumati passaggi e scelte fondamentali della vita civile e istituzionale italiana; proprio per questo, forse, spesso i referendum sono stati vissuti con un dibattito politico aspro.
C’è naturalmente, e c’è sempre stata (la cosa mi dispiace molto), una forte componente di sospetto da parte delle classi dirigenti e dei partiti rispetto all’uso del referendum: è una visione gravamente miope, priva di coraggio, nella quale i cittadini compaiono sempre come soggetti poco istruiti e incapaci di dare risposte che non siano “di pancia”, quindi un potenziale rischio per il Paese quando sono chiamati a decidere in prima persona.
Non è una logica accettabile: la tenuta del Paese passa attraverso la partecipazione democratica delle persone, e questa a sua volta passa attraverso i modi concreti in cui si può esprimere. Insomma, la partecipazione non è una opzione, ma una necessità vitale.
Una necessità che non si può realizzare in una delega generica ogni cinque anni ad una sigla di partito o ad un capo: quando la delega non è efficace, quando il numero di persone, di lavoratori, di professionisti, di imprenditori e di famiglie, prive di una voce che li rappresenti, diventa troppo grande, e va ben oltre i già tantissimi esclusi dalla vita sociale di cui soprattutto il Mezzogiorno soffre, un Paese diventa ingovernabile e muore.
Ecco allora che i tentativi della classe politica, sempre più debole e sempre meno rappresentativa (non è detto che ci sia una colpa specifica, ma è un fatto) di proteggersi dai cambiamenti di orientamento dei cittadini disinnescando i meccanismi di partecipazione democratica, nuocciono, alla lunga, a tutti: all’Italia ma anche agli stessi partiti.
E’ una dinamica asfissiante in cui, per selezione naturale, alla fine muoiono tutti, e per questo chi c’è oggi cerca di proteggersi anche, se necessario, contro i cittadini.
A partire dalla prima legge elettorale in cui il voto dei cittadini fu nullificato (il famigerato Porcellum), in meno di vent’anni abbiamo perso, alle elezioni politiche nazionali ed europee, un quinto di elettori: suppergiù dieci milioni di persone che non credono più nel valore reale del proprio voto, e tante altre che condividono questa sfiducia anche quando vanno a votare, come spesso mi è capitato di sentire ai seggi.
Non si può andare oltre!
Per questo motivo molte, generose, parti dell’Italia sociale e civile hanno incominciato ad impegnarsi in una intensa stagione di referendum e leggi di iniziativa popolare su questo tema.
Segnalo, ad esempio, le due leggi promosse dalle ACLI, riguardanti: l’una la democrazia interna e la trasparenza dei partiti politici; l’altra, l’istituzione di assemblee di cittadini a livello nazionale, regionale e locale.
E ancora, una legge promossa dal Comitato Referendario per la Rappresentanza, per reintrodurre le Preferenze alle elezioni: com’è noto, oggi i cittadini non possono più votare per una persona ma solo per un partito o una coalizione, e questo è abbastanza incredibile in una Repubblica che ha una Costituzione fondata sul primato della persona.
Se le leggi di iniziativa popolare però non vincolano il Parlamento, i referendum invece sì.
Alcuni mesi fa, invitato a parlare in un convegno, ho avuto il piacere di conoscere alcuni promotori di questo Comitato: ho apprezzato il loro essere di buona volontà ed il loro coraggio di promuovere, partendo senza la copertura di grandi soggetti organizzati nazionali (partiti, sindacati, grandi associazioni) ma puntando innanzitutto sulle proprie forze, quattro distinti quesiti referendari che hanno l’obiettivo di togliere dalla legge con cui eleggiamo il Parlamento nazionale quelle parti che reprimono la libertà di scelta degli elettori e che stimolano i partiti a tenere cattivi comportamenti, potendo decidere autonomamente quali persone siederanno alla Camera e al Senato.
Per la mia storia personale è stato naturale accettare il loro invito a sostenere questi quattro referendum nelle prime iniziative nazionali e a rappresentare il Comitato nella zona di Casarano.
I quattro quesiti, al di là degli aspetti tecnici, hanno tutti l’obiettivo di ristabilire un rapporto di pari dignità tra partiti ed elettori, ridando maggiore libertà di scelta ai cittadini e stimolando così i partiti a fare meglio.
La raccolta delle firme è un compito gravoso per chi parte senza il sostegno preventivo dei grandi soggetti organizzati, e per questo abbiamo bisogno del sostegno di tutti; e a tutti lo chiediamo, perchè questo impegno è al servizio di tutti, e di nessuno in particolare. In un certo senso, già nella raccolta delle firme c’è un momento di autentica partecipazione democratica.
Referendum e leggi si possono firmare in tre modi: di persona, presso l’Ufficio Elettorale del proprio Comune; online, gratuitamente, sulla piattaforma predisposta dal Ministero della Giustizia https://pnri.firmereferendum.giustizia.it/referendum/open (è necessario lo SPID o la CIE); se possibile, si proverà ad organizzare dei momenti pubblici ai banchetti : personalmente, anche se più faticosa, è la modalità che preferisco, perchè permette di discutere e confrontarsi direttamente con le persone.
Per intanto, chi volesse saperne di più sui quesiti e contattare il referente più vicino può informarsi direttamente sul sito del Comitato, all’indirizzo www.iovoglioscegliere.it
Questi referendum “non convengono” a molti, ma fanno bene a tutti: partecipiamo insieme, aiutiamoci ed aiutiamo la nostra democrazia.
Luca Emilio Caputo